Enfante terrible-Pier Giorgio Tomatis
_ L’esperienza
è un medico che arriva quando la malattia se n’è andata (Saphir)
Capitolo Due
Una bambina così bella
Marina cavalcava maestosa con una tuta da cavallerizza che ne inorgogliva le forme. I pantaloni bianchi rendevano ancora più vistoso il colore rosso acceso della giacca evitando che si confondesse con la pelliccia fulva dell’animale. Le evoluzioni del cavallo e la perfetta simbiosi col suo cavaliere sembrava facessero parte di un balletto, una danza euforica ed energica. In paese erano abituati a vederli sfrecciare nei campi vicino al torrente. Mai un errore, ne una sbavatura. Il duetto tra l’animale ed la sua ammaestratrice era superbo. Una vera delizia per gli occhi. La passione per i cavalli, nella famiglia De Carli, nasceva parecchie generazioni prima dell’arrivo del sig. Tullio. La piccola scuderia costruita dal bisnonno Renzo ospitò diversi cavalli che si distinsero egregiamente al Concorso ippico di Pinerolo. Vinsero premi nelle varie specialità i sauri Peace & Glory, New soul e In the mood, i balzani The Right Thing, Supernatural, Black Betty e Nightclubbing. Papà Tullio si prodigò in tutti i modi per favorire la nascita di una passione per l’equitazione in sua figlia Marina. Non faticò molto a convincerla. La bimba non solo vedeva la cosa con molto piacere ma mostrava anche di essere particolarmente portata. Il suo istruttore per la pratica agonistica fu un trentacinquenne di Piscina pluridecorato nei suoi trascorsi sportivi. Si chiamava Vincenzo Proto e difese i colori della nostra nazionale durante le Olimpiadi di Atene. Il rapporto che il maestro instaurava con i suoi allievi non era aperto e partecipativo. Vincenzo veniva dalla rigida scuola militare e dall’Esercito aveva ereditato i modi autoritari. Tuttavia, sia il signor Tullio che Marina non ebbere nulla da eccepire al suo riguardo. Le lezioni bisettimanali continuarono per due lunghi anni, fino a che Vincenzo non decise che era giunto il momento di tornare nella sua natia Gallipoli e così le loro strade non ebbero ad incrociarsi più. Marina rimase sola e le sue cavalcate anziché diminuire si accentuarono. La compagnia di Marnie, splendido quadrupede di razza Friesian, fu la sola che Marina accettava incondizionatamente.
All’età di quattordici anni questo quadretto di rara bellezza cominciò a dare i primi segni di cedimento. Fu il giornalaio a raccontare a tutti un episodio che destò scalpore in quanti ebbero modo di sentirne parlare. Marina e Marnie tornarono dalla loro consueta quotidiana cavalcata. Il cavallo era particolarmente sudato e il quarantenne Egidio uscito fuori dal suo negozio per vedere meglio l’amazzone ed il suo destriero provò ad attaccar bottone come era sua buona abitudine.
-Non è che vuoi ucciderlo a furia di farlo correre, quel povero animale… disse ridacchiando.
-Ucciderlo? No, no… rispose Marina. Egidio si preparò per la successiva battuta ma la bambina fu più svelta di lui. No. Domattina lo faremo castrare…
Il viso di Egidio si contrasse come se fosse stato testimone di una tragedia. Ma non fu la sorte di quell’animale ad impressionarlo. Marina aveva condito quelle dure parole con una risatina diabolica e perversa, uno sguardo così pregno di crudele piacere che spaventò persino un uomo navigato come lui. Inutile dire che l’indomani la voce si sparse in tutta la città e bisognava avere veramente le orecchie tappate per non sentire raccontare questa storia. La bambina così bella che tutti in paese avevano amato, coccolato e vezzeggiato stava dimostrandosi così diversa da quello che la sua bellezza aveva lasciato credere. A quell’episodio, ovviamente, ne seguirono degli altri. Mano a mano che la piccola cresceva questa oscura e spietata personalità tendeva a mettersi sempre più in mostra. E la gente mormorava. Un altro episodio che fece parlare molto accadde all’età di sedici anni. I De Carli avevano un cane a quel tempo. Si trattava di un giovane Labrador dal colore fulvo, quasi come quello dei capelli di Marina. Il signor Tullio era molto affezionato all’animale e quando il lavoro glielo permetteva andava con lui, per i boschi, a fare una caccia fotografica. Il cane, di nome Spidey, rizzava la bella coda e le orecchie in direzione della preda e poi si acquattava senza fare il minimo rumore al fianco del suo padrone, nell’attesa che la caccia avesse termine. Poi, felice e scodinzolante, guidava il signor Tullio verso la via di casa. In paese tutti riconoscevano a quell’animale smisurato affetto e rispetto per il suo padrone. Quando il signor Tullio si assentava per qualche giorno, per seguire qualche lavoro o per fare quei fanghi che davano tanto sollievo alla sua schiena, un domestico si occupava di portare a spasso il cane e di farlo correre a sufficienza. Un giorno Marina accampò la richiesta di poter svolgere questa mansione ed il domestico acconsentì solamente dopo avere raccomandato alla giovane di non avventurarsi nella parte del bosco più pericolosa. La ragazza e l’animale partirono insieme ma quando si era fatta sera uno solo dei due fece ritorno. Marina raccontò di avere perduto Spidey qualche ora prima e di averlo cercato per tutto quel tempo fino a che le forze e la luce del giorno glielo avevano permesso. Il domestico provò a cercare il cane per buona parte della notte ma fu solo il mattino seguente quando ormai le ricerche sembravano esser diventate vane che la vicenda si concluse. Spidey, ferito e morente, senza una zampa recisa di netto, fece ritorno a casa e morì tra le braccia del domestico. Che cosa fosse realmente accaduto tra gli alberi di Villar Perosa nessuno ebbe modo di sapere ma il sospetto che nonostante la sua tanto declamata candida innocenza ci fosse lo “zampino” di Marina fu un pensiero che venne a molti. Anche in Casa De Carli. Tuttavia, quel giorno, fu il domestico a farne le spese. Il signor Tullio, avvertito dell’accaduto, si infuriò e contestò all’uomo la sua leggerezza. Non avrebbe dovuto permettere ad una minorenne di uscire da sola in una zona piena di possibili pericoli.
Capitolo Due
Una bambina così bella
Marina cavalcava maestosa con una tuta da cavallerizza che ne inorgogliva le forme. I pantaloni bianchi rendevano ancora più vistoso il colore rosso acceso della giacca evitando che si confondesse con la pelliccia fulva dell’animale. Le evoluzioni del cavallo e la perfetta simbiosi col suo cavaliere sembrava facessero parte di un balletto, una danza euforica ed energica. In paese erano abituati a vederli sfrecciare nei campi vicino al torrente. Mai un errore, ne una sbavatura. Il duetto tra l’animale ed la sua ammaestratrice era superbo. Una vera delizia per gli occhi. La passione per i cavalli, nella famiglia De Carli, nasceva parecchie generazioni prima dell’arrivo del sig. Tullio. La piccola scuderia costruita dal bisnonno Renzo ospitò diversi cavalli che si distinsero egregiamente al Concorso ippico di Pinerolo. Vinsero premi nelle varie specialità i sauri Peace & Glory, New soul e In the mood, i balzani The Right Thing, Supernatural, Black Betty e Nightclubbing. Papà Tullio si prodigò in tutti i modi per favorire la nascita di una passione per l’equitazione in sua figlia Marina. Non faticò molto a convincerla. La bimba non solo vedeva la cosa con molto piacere ma mostrava anche di essere particolarmente portata. Il suo istruttore per la pratica agonistica fu un trentacinquenne di Piscina pluridecorato nei suoi trascorsi sportivi. Si chiamava Vincenzo Proto e difese i colori della nostra nazionale durante le Olimpiadi di Atene. Il rapporto che il maestro instaurava con i suoi allievi non era aperto e partecipativo. Vincenzo veniva dalla rigida scuola militare e dall’Esercito aveva ereditato i modi autoritari. Tuttavia, sia il signor Tullio che Marina non ebbere nulla da eccepire al suo riguardo. Le lezioni bisettimanali continuarono per due lunghi anni, fino a che Vincenzo non decise che era giunto il momento di tornare nella sua natia Gallipoli e così le loro strade non ebbero ad incrociarsi più. Marina rimase sola e le sue cavalcate anziché diminuire si accentuarono. La compagnia di Marnie, splendido quadrupede di razza Friesian, fu la sola che Marina accettava incondizionatamente.
All’età di quattordici anni questo quadretto di rara bellezza cominciò a dare i primi segni di cedimento. Fu il giornalaio a raccontare a tutti un episodio che destò scalpore in quanti ebbero modo di sentirne parlare. Marina e Marnie tornarono dalla loro consueta quotidiana cavalcata. Il cavallo era particolarmente sudato e il quarantenne Egidio uscito fuori dal suo negozio per vedere meglio l’amazzone ed il suo destriero provò ad attaccar bottone come era sua buona abitudine.
-Non è che vuoi ucciderlo a furia di farlo correre, quel povero animale… disse ridacchiando.
-Ucciderlo? No, no… rispose Marina. Egidio si preparò per la successiva battuta ma la bambina fu più svelta di lui. No. Domattina lo faremo castrare…
Il viso di Egidio si contrasse come se fosse stato testimone di una tragedia. Ma non fu la sorte di quell’animale ad impressionarlo. Marina aveva condito quelle dure parole con una risatina diabolica e perversa, uno sguardo così pregno di crudele piacere che spaventò persino un uomo navigato come lui. Inutile dire che l’indomani la voce si sparse in tutta la città e bisognava avere veramente le orecchie tappate per non sentire raccontare questa storia. La bambina così bella che tutti in paese avevano amato, coccolato e vezzeggiato stava dimostrandosi così diversa da quello che la sua bellezza aveva lasciato credere. A quell’episodio, ovviamente, ne seguirono degli altri. Mano a mano che la piccola cresceva questa oscura e spietata personalità tendeva a mettersi sempre più in mostra. E la gente mormorava. Un altro episodio che fece parlare molto accadde all’età di sedici anni. I De Carli avevano un cane a quel tempo. Si trattava di un giovane Labrador dal colore fulvo, quasi come quello dei capelli di Marina. Il signor Tullio era molto affezionato all’animale e quando il lavoro glielo permetteva andava con lui, per i boschi, a fare una caccia fotografica. Il cane, di nome Spidey, rizzava la bella coda e le orecchie in direzione della preda e poi si acquattava senza fare il minimo rumore al fianco del suo padrone, nell’attesa che la caccia avesse termine. Poi, felice e scodinzolante, guidava il signor Tullio verso la via di casa. In paese tutti riconoscevano a quell’animale smisurato affetto e rispetto per il suo padrone. Quando il signor Tullio si assentava per qualche giorno, per seguire qualche lavoro o per fare quei fanghi che davano tanto sollievo alla sua schiena, un domestico si occupava di portare a spasso il cane e di farlo correre a sufficienza. Un giorno Marina accampò la richiesta di poter svolgere questa mansione ed il domestico acconsentì solamente dopo avere raccomandato alla giovane di non avventurarsi nella parte del bosco più pericolosa. La ragazza e l’animale partirono insieme ma quando si era fatta sera uno solo dei due fece ritorno. Marina raccontò di avere perduto Spidey qualche ora prima e di averlo cercato per tutto quel tempo fino a che le forze e la luce del giorno glielo avevano permesso. Il domestico provò a cercare il cane per buona parte della notte ma fu solo il mattino seguente quando ormai le ricerche sembravano esser diventate vane che la vicenda si concluse. Spidey, ferito e morente, senza una zampa recisa di netto, fece ritorno a casa e morì tra le braccia del domestico. Che cosa fosse realmente accaduto tra gli alberi di Villar Perosa nessuno ebbe modo di sapere ma il sospetto che nonostante la sua tanto declamata candida innocenza ci fosse lo “zampino” di Marina fu un pensiero che venne a molti. Anche in Casa De Carli. Tuttavia, quel giorno, fu il domestico a farne le spese. Il signor Tullio, avvertito dell’accaduto, si infuriò e contestò all’uomo la sua leggerezza. Non avrebbe dovuto permettere ad una minorenne di uscire da sola in una zona piena di possibili pericoli.